Cassazione Penale Sentenza n. 48948/16 – Esercizio abusivo della professione odontoiatrica – La Corte di Cassazione ha evidenziato i profili di gravità e non occasionalità della condotta, svoltasi attraverso la reiterazione nel tempo di atti assistiti, tutti, dall’apparenza di un’organizzazione che ingenerava nell’interlocutore-cliente l’impressione di una ben precisa attività professionale da parte di un soggetto regolarmente abilitato al suo esercizio.
FATTO E DIRITTO: Con sentenza del 16.2.16 la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado che dichiarava (Omissis) colpevole del reato di cui agli artt. 110 e 348 c.p. per aver consentito, nella sua qualità di direttore sanitario di un ambulatorio odontoiatrico, l’abusivo esercizio della professione sanitaria da parte di (Omissis) condannandolo alla pena di euro 100,00 di multa.
In ordine ai motivi dedotti nel ricorso, tra i quali il c.d. soccorso per necessità, la Corte ha rilevato che, in tema di stato di necessità, incombe sull’imputato uno specifico onere di allegazione avente per oggetto tutti gli estremi della causa di esenzione, sì che egli deve allegare di avere agito a causa di un insuperabile stato di costrizione, con riferimento alla minaccia di un male imminente non altrimenti evitabile. Siffatto onere non è stato puntualmente adempiuto da parte del ricorrente che non può invocare l’esimente ove non sia dimostrata l’impossibilità di ricorrere a mezzi leciti per provvedere all’opera di soccorso, quali, ad esempio, la possibilità di avvalersi di altri specialisti, ovvero di attendere il tempestivo rientro in studio dello stesso titolare, quale unico medico abilitato a fornire il tipo di prestazione occorrente nel caso di specie.
I giudici di merito hanno posto in rilievo la circostanza che, oltre alla su indicata paziente, altri tre clienti, nella riscontrata assenza del titolare, si trovavano simultaneamente in attesa nello studio dentistico, uno dei quali, a riprova della reiterazione della condotta oggetto del tema d’accusa, era lì giunto per via di un appuntamento concordato direttamente da e con il (Omissis).La Corte di Cassazione ha evidenziato i profili di gravità e non occasionalità della condotta, svoltasi attraverso la reiterazione nel tempo di atti assistiti, tutti, dall’apparenza di un’organizzazione che ingenerava nell’interlocutore-cliente l’impressione di una ben precisa attività professionale da parte di un soggetto regolarmente abilitato al suo esercizio. La Corte ha poi annullato la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione sul diniego della non menzione della condanna e ha rinviato la sentenza alla Corte di appello di Milano.
Allegato: Sentenza_n_48948