L’inappropriatezza porta con sé varie e importanti ricadute sia in campo clinico (dal rischio di inefficacia a quello del ritardo e della malpractice), che in campo economico (sia per la sanità pubblica che per l’utenza privata). Per questi motivi, le due società Scientifiche SIdCO (Soc. Italiana di Chirurgia Orale, presidente prof.ssa Annibali) e SIPMO (Soc. Italiana di Patologia e Medicina Orale, presidente prof. Lo Muzio) hanno deciso di sviluppare un progetto per informare e formare con correttezza (EBM), rispetto e sobrietà.
A tal fine le due società hanno adottato una metodologia che si ispira alla filosofia del “Fare di più non significa fare meglio” diffusa dalle organizzazioni scientifiche di “Slow Medicine” presenti a livello sia italiano che internazionale.
Con questi presupposti ne è nato un confronto in un closed meeting che si è tenuto lo scorso settembre presso l’Università di Messina, alla presenza del presidente della Commissione Albo Odontoiatri nazionale Giuseppe Renzo, nell’ambito del “Progetto regionale di pratiche ad alto rischio di inappropriatezza” promosso dal Piano Sanitario Nazionale 16.2 “Fare di più non significa fare meglio”.
Per questa parte del progetto, la squadra della SIdCO è stata guidata dal prof. Giacomo Oteri (Università di Messina) con i prof. R. Pippi, G. Sammartino, R. Vinci, quella della SIPMO dalla prof. Giuseppina Campisi (Università di Palermo) con i prof. S. Abati, M. Pentenero, U. Romeo. Sono state così individuate dieci pratiche.
“Per la scelta delle tematiche -spiega ad Odontoiatria33 la professoressa Giuseppina Campisi dell’Università di Palermo, Policlinico “P. Giaccone”- si è eseguito un sondaggio preliminare a scelta multipla su un campione di odontoiatri italiani allo scopo di analizzare il grado di appropriatezza di alcune tra le più comuni prescrizioni e procedure che l’odontoiatra esegue quotidianamente”.
E proprio di pratiche odontostomatologiche e prescrittive a rischio di inappropriatezza le due Società discuteranno al Congresso Nazionale 2018 del Collegio dei Docenti in Odontostomatologia (Roma, 13 e 14 aprile 2018), quando nella giornata di sabato si occuperanno per la prima volta di pratiche a rischio nella prevenzione, diagnosi e terapia dell’osteonecrosi delle ossa mascellari da farmaci.
Queste le 10 pratiche a rischio di inappropriatezza, già studiate ed esitate per la proposta alla Società Italiana di Slow Medicine, in odontoiatria clinica: rispettivamente, cinque di ambito più chirurgico per la SIdCO e, a seguire, cinque di ambito stomatologico per la SIPMO.
1) NON prescrivere di routine antibiotici in caso di estrazioni dentarie
Si raccomanda di adottare misure antisettiche locali peri-operatorie. E’ richiesta adeguata prescrizione antibiotica nei casi di interventi di chirurgia orale a maggiore invasività.
Negli interventi di chirurgia estrattiva e orale non invasiva e soprattutto in assenza di condizioni di rischio specifico locali e/o sistemiche, non devono essere somministrati antibiotici in maniera indiscriminata.
2) NON rinviare le cure odontoiatriche durante il periodo di gestazione
Le misure di chirurgia elettiva devono esser procrastinate al termine della gravidanza. In accordo con le eventuali indicazioni del medico ginecologo, è appropriato adottare protocolli specifici in base al periodo di gestazione e ad eventuali condizioni di rischio ostetrico. Le misure di prevenzione delle patologie dento-parodontali sono fortemente indicate.
La gravidanza non rappresenta una controindicazione assoluta ai trattamenti chirurgici che abbiano criteri d’urgenza.
3) NON estrarre di routine i terzi molari inclusi
L’avulsione rappresenta intervento appropriato in presenza di: patologie flogistico-infettive, cariose e parodontali proprie del terzo molare e/o dell’elemento adiacente; patologie algico-disfunzionali correlabili all’inclusione dentaria; necessità terapeutiche ortodontiche e protesiche.
L’avulsione dei terzi molari inclusi a scopo profilattico, ovvero in assenza di segni e sintomi, non è supportata da concrete evidenze scientifiche e può esporre inutilmente il paziente ai rischi legati alla procedura chirurgica.
4) NON sospendere di routine gli antiaggreganti piastrinici nelle procedure di chirurgia orale
Concordemente alle raccomandazioni della Società Europea di Cardiologia, è controindicata la sospensione delle terapia con antiaggreganti piastrinici, specialmente nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare, ed è quindi considerato più appropriato gestire il sanguinamento con farmaci antiemorragici ad uso locale.
Il rischio emorragico intra/post-operatorio in pazienti in trattamento con antiaggreganti orali è molto inferiore alle potenziali complicanze cardiache e vascolari che derivano dalla sospensione del trattamento.
5) NON prescrivere esami radiologici in ambito odontoiatrico senza un valido quesito diagnostico
La tipologia d’esame radiologico (rx endorale, radiografia delle arcate dentarie, TC Cone Beam, TC) deve sempre essere giustificata dal quesito diagnostico, evitando l’esposizione del paziente a dosi radianti non necessarie.
La prescrizione di indagini radiodiagnostiche in chirurgia orale è sempre preceduta dalla raccolta anamnestica, dall’esame obiettivo e dalla eventuale valutazione di pregressi esami radiologici. Gli esami radiologici in odontostomatologia devono rappresentare uno strumento appropriato al completamento della diagnosi e della programmazione terapeutica.
6) In presenza di ulcera o altra lesione della mucosa orale, NON prescrivere sciacqui o altri presidi medici che alleviano i disturbi e ritardano l’esecuzione di procedure diagnostiche (es. biopsia)
ELIMINARE gli eventuali fattori irritanti locali e RIVALUTARE il paziente entro 15 giorni.
Un’ulcera è una discontinuità della mucosa orale, spesso dolente, in particolare in presenza di cibi caldi, acidi, piccanti o salati. Frequentemente è provocata da traumi contro denti acuminati o fratturati o da morsicatura accidentale; ma può anche essere associata a malattie infiammatorie come le afte ricorrenti, tumori benigni o maligni. Se non guarisce entro due settimane, è necessario indagarne accuratamente le cause.
7) Per la corretta prevenzione del cancro orale, NON sottovalutare la possibilità che una ALTERAZIONE di forma o colore o consistenza dei tessuti in QUALUNQUE sede del cavo orale possa essere una malattia premaligna o maligna (es. carcinoma, linfoma, tumore salivare, sarcoma, melanoma, metastasi)
INFORMARE il paziente di ogni sesso e età sui principali fattori di rischio del cancro orale.
La bocca può essere interessata da diverse malattie di natura tumorale maligna che devono essere correttamente riconosciute. Tra queste il cancro orale è la più frequente ed ha una elevata malignità, tuttavia se diagnosticato e curato nelle fasi più iniziali, ha ottime probabilità di guarire senza gravi conseguenze. Chiunque può ammalarsi di cancro orale, non solamente le persone esposte ai riconosciuti fattori di rischio, quali il tabacco, l’assunzione di bevande alcoliche e superalcoliche, la cattiva igiene orale, i traumi cronici alle mucose orali e, per alcuni siti del cavo orale, l’infezione da Virus del Papilloma Umano (HPV).
8) NON prescrivere i farmaci antifungini, IN ASSENZA di una DIAGNOSI clinica certa e/o microbiologica di infezioni orale da funghi.
I farmaci antifungini locali o sistemici SONO INDICATI esclusivamente per la cura, con controllo clinico, di infezioni orali da funghi (es. candidosi)
La candidosi orale è causata da microbi patogeni, di solito funghi microscopici del genere Candida. Può manifestarsi in varie forme e modi, con placche o membrane bianche asportabili (cd. mughetto), più frequentemente con aree arrossate della mucosa, altre volte con spaccature agli angoli della bocca o placche bianche persistenti. Si manifesta sovente nei pazienti immunodepressi, o diabetici, o in cura per tumori maligni, o con la bocca molto asciutta. Solitamente può essere curata efficacemente con farmaci antifungini locali.
9) NON prescrivere cortisonici per le comuni lesioni orali in assenza di una diagnosi certa.
I farmaci CORTISONICI locali o sistemici SONO INDICATI per la cura, con controllo specialistico, di malattie immuno-mediate.
La mucosa della bocca può essere colpita da malattie infiammatorie immuno-mediate che provocano danni e disturbi talvolta molto intensi e persistenti, la cui cura prevede l’impiego di farmaci cortisonici locali o sistemici. Tali farmaci devono essere prescritti solo a fronte di una diagnosi accurata e precisa, basata solitamente su dati bioptici e sierologici. Chi prescrive tali farmaci deve controllarne l’efficacia sulla malattia e gli eventuali effetti collaterali o interazioni farmacologiche, collaborando -ove necessario- con il medico di medicina generale o altri specialisti.
10)L’infiammazione gengivale NON è esclusivamente provocata dalla placca batterica o da irritanti locali: potrebbe essere manifestazione di malattia immuno-mediata (es. lichen planus, pemfigoide, pemfigo)
La malattia gengivale non correlata a placca necessita di procedure e competenze specialistiche per la CORRETTA DIAGNOSI (es. biopsia con immunofluorescenza) e per la TERAPIA adeguata.
La causa più frequente di infiammazione e sanguinamento delle gengive è la presenza di placca batterica, responsabile di gengivite e di parodontite. Tali patologie mostrano un netto miglioramento a seguito di manovre per la rimozione professionale di placca e tartaro e con l’adozione di una adeguata igiene orale domiciliare. Se nonostante tali accorgimenti persistono arrossamento diffuso, sanguinamento e dolore, bisogna valutare la possibilità che l’infiammazione gengivale sia dovuta a una malattia immuno-mediata, come il lichen planus orale, il pemfigo o il pemfigoide.
Fonte: odontoiatria33.it