Studio della Fondazione Kessler è stato pubblicato sulla rivista Pnas
Il virus dell’influenza, in particolare un nuovo ceppo pandemico, può essere trasmesso a molte più persone, e in definitiva diffondersi molto più velocemente nella popolazione all’inizio dell’epidemia rispetto a quanto predetto dalla teoria tradizionale. Le cause di questa accelerazione sono da ricercarsi nella struttura dei contatti tra individui (con quante persone veniamo in contatto in un giorno, per quanto tempo, dove), o meglio nelle differenze sostanziali di queste strutture da individuo ad individuo. Lo dice uno studio di due ricercatori della Fondazione Bruno Kessler (Fbk) di Trento, Stefano Merler e Marco Ajelli, pubblicato dalla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas). Ad esempio, i bambini tendono ad avere molti contatti con altri bambini a scuola, dove passano gran parte del loro tempo. Viceversa, gli anziani impiegano il loro tempo prevalentemente con un gruppo ristretto di persone, tipicamente in ambiente famigliare.
Queste differenze fanno in modo che, ad inizio epidemia – dice lo studio – il virus possa diffondersi molto rapidamente in ambienti caratterizzati da un alto numero di contatti tra individui. Questo è il motivo per cui le scuole possono agire da amplificatore iniziale della trasmissione epidemica. Il fatto poi che tutti gli individui tendano ad incontrare ogni giorno prevalentemente sempre lo stesso gruppo di persone, può far decelerare altrettanto rapidamente la trasmissione epidemica, una volta che ad esempio si sono esaurite le possibili trasmissioni tra bambini nelle scuole. Anche questo è un risultato in contrasto con la teoria tradizionale, sottolineano i ricercatori. “Questi risultati che abbiamo validato analizzando retrospettivamente la pandemia influenzale del 2009, la cosiddetta influenza suina – afferma Merler – sono importanti per due motivi: il primo è che possono contribuire a sviluppare una nuova generazione di modelli matematici per predire in modo più accurato l’andamento di una futura pandemia influenzale. Il secondo è che questi risultati possono avere un impatto immediato sui piani di preparazione pandemica, fornendo indicazioni utili sulla tempistica di implementazione di alcune policy di intervento, come ad esempio quelle relative alla chiusura delle scuole”.